lunedì 11 agosto 2008

La fadie di jessi archeolic

Ta chescj dîs al è vignût fûr un dibatit sul Gazetin tra il prof. Gianfranco Ellero e la prof.se Paola Cassola Guida de Universitât dal Friûl su lis condizions dal tumul di Sant Svualt, sgjavât tal 2002 e dopo lassât un pôc al so destin. Al è di dî però che chest al è un probleme che si presente puntualmentri intun sgjâf archeologic, za a son pôcs i bêçs par sgjavâ (il plui des voltis cence paiâ chei che a lavorin...), ae fin i sîts a vegnin lassâts a mieç propite par chest probleme. Us met intai prins doi coments i intervents.

2 commenti:

Venusia ha detto...

L'Illustre Sconosciuto e la collinetta da ricomporre
di Gianfranco Ellero
Da diversi anni ormai è in corso una meritoria campagna di scavi per una ricerca approfondita e diffusa sulla preistoria e la protostoria nel territorio friulano, ideata e condotta da Paola Cassola Guida, che ha già dato copiosi frutti.

E' di questi giorni la scoperta dell'Uomo di Mereto, non meno importante di quella dell'Uomo di Sant'Osvaldo di tre o quattro anni fa, rinvenuto sotto un grande tumulo, costruito affinché fosse visibile a distanza. La collinetta artificiale, infatti, costituiva (si capirà fra poco l'uso del tempo imperfetto) da due millenni e mezzo un tratto caratteristico del paesaggio dei "Prâs de tombe", a est dell'ex Ospedale psichiatrico in comune di Campoformido: un vero e proprio monumento degno del "capo" rinvenuto al suo interno dal gruppo di archeologi messo in campo dall'Università di Udine.

Se ben ricordiamo, a visitare l'illustre sconosciuto si recò anche il Rettore Magnifico, e la scoperta ebbe meritata eco sui nostri quotidiani. Ma oggi, facendo un bilancio, dobbiamo riconoscere che quella scoperta ci arricchì sotto il profilo culturale ma ci privò di un tratto significativo del nostro paesaggio, perché la tomba è ancora sventrata. Noi crediamo che, se la ricerca fosse conclusa, quella collinetta andrebbe ricomposta. E pur riconoscendo che la ricerca archeologica dispone di poche risorse, pensiamo che si dovrebbero trovare gli euro necessari per mezz'ora di lavoro di un bulldozer.

Pur privato dei resti umani che custodiva, quel tumulo ricorderebbe infatti ai passanti che la pianura friulana era abitata da molto prima del 181 avanti Cristo, anno di fondazione della colonia latina di Aquileia, e con la sua misteriosa presenza nobiliterebbe la pianura circostante. Se, come noi crediamo, esiste il diritto al paesaggio, esiste anche il dovere della sua tutela: dobbiamo quindi difenderlo non soltanto dalla speculazione edilizia e dallo spreco, ma anche dai lavori incompiuti degli archeologi. Scriviamo "archeologi", ma con ogni probabilità i lavori di ripristino spettano ad altri (non conosciamo la legislazione in materia) che risultano inadempienti: ci rivolgiamo allora a tutti coloro che debbono o possono intervenire per salvare un bene culturale, che tale rimane anche dopo aver rivelato il segreto custodito per qualche millennio.

Venusia ha detto...

La fatica
di essere
archeologo
Sono ...
La fatica

di essere

archeologo

Sono molto grata al professor Ellero per il suo articolo del 6 agosto e per le sue parole di apprezzamento nei confronti del lavoro che il gruppo di ricerca da me coordinato svolge ormai da molti anni nel campo della tarda preistoria friulana. Lo ringrazio anche per la "tiratina d'orecchi" (benché noi archeologi forse non ce la meritiamo tanto!) a proposito del tumulo di Sant'Osvaldo , alle porte di Udine, e delle condizioni in cui versa attualmente.

Si sa che "lo scavo è distruzione", e ciò vale soprattutto per il nostro tipo di scavo. Più che mettere in luce strutture, la ricerca preistorica mira ad analizzare quelle eventualmente visibili, si pone dei problemi e tenta di risolverli mediante l'indagine sul terreno: è ciò che - stimolati e sorretti da due rettori, Marzio Strassoldo e Furio Honsell - abbiamo fatto a Sant'Osvaldo , nei terreni oggi appartenenti all'Azienda agraria dell'Università di via Pozzuolo. Dopo la fine dello scavo (correva l'anno 2002), due possibilità si prospettavano: "ritombare" il monumento oppure coprirlo provvisoriamente, in attesa di renderlo fruibile per il pubblico. L'Università optò per questa seconda soluzione e per renderla attuabile mise in bilancio una notevole somma di denaro; altrettanto stanziò la Fondazione Crup; altrettanto promise, ma non diede (ignoro per quali problemi), la Provincia.

Pur sulla base di una cifra insufficiente, un giovane architetto preparò un progetto preliminare: ebbe inizio allora una lunghissima trafila burocratica, punteggiata da una serie di incontri vòlti a escogitare la migliore soluzione possibile, che solo da poco si è conclusa. Ufficio tecnico dell'Università, Azienda agraria, Soprintendenza archeologica, Comune, Azienda sanitaria, gli enti coinvolti.Ora, una volta ultimato il progetto esecutivo, si potrà finalmente passare all'azione. Se gli auspici si realizzeranno, il tumulo potrà essere ripristinato e reso fruibile a partire dalla primavera dell'anno prossimo. Vi sarà la possibilità di entrarvi, di visitarne l'interno con la calotta di ciottoli, il calco della sepoltura, i necessari pannelli esplicativi.Nel frattempo ovviamente la struttura non ha goduto di florida salute, ma in questa situazione che altro potevano fare gli archeologi più che risistemare alla meglio la copertura fatiscente? (costruita, tra l'altro, in economia, con manodopera dell'Azienda e materiale gentilmente prestato da un privato!).

Questa in sintesi la storia recente della tomba di Sant'Osvaldo , dopo 4000 anni di (relativa) pace. Oggi noi archeologi siamo i primi ad augurarci che l'accorato appello del professor Ellero non cada nel vuoto.

Paola Cassòla Guida